TUMORE POLMONARE, RUOLO DEL NICHEL NELLO SVILUPPO DELLE CELLULE CANCEROGENE

Intervista con Barbara Zambelli, professoressa associata al Dipartimento di Farmacie e Biotecnologie dell’Università di Bologna, coordinatrice della ricerca pubblicata su Biomoleculus

Il nichel è un metallo essenziale per la vita degli organismi unicellulari e delle piante, ma negli animali superiori come i mammiferi è associato allo sviluppo di diverse patologie. Uno studio guidato dall’Università di Bologna ha dimostrato come il nichel, sostanza co-responsabile nell’insorgenza del cancro ai polmoni, si lega a una specifica porzione della proteina chiamata NDRG1. Gli esiti potrebbero avere ripercussioni importanti nella ricerca farmacologica per la lotta ai tumori.

Professoressa Zambelli, la vostra ricerca parte da una conoscenza già acquisita da anni, ovvero che il nichel può contribuire allo sviluppo del tumore polmonare. Cosa rende cancerogena questa sostanza?

Che il nichel e i composti che lo contengono inducano la formazione di tumori a livello nasale e polmonare è noto fin al 1990, quando IARC (l’Agenzia Internazionale per la ri-cerca sul cancro) ha classificato questo metallo come un carcinogeno di classe 1. Tutta-via, i meccanismi molecolari con cui il nichel induce la trasformazione tumorale non sono ancora completamente chiari. Il nichel non causa direttamente mutazioni a livello del DNA, ma agisce piuttosto a livello delle proteine, modificando l’espressione genica attraverso meccanismi epigenetici. Ad esempio, modifica la metilazione della cromatina e cambia l’attività di alcuni regolatori della trascrizione, con meccanismi non completamente noti. In alcuni casi, può sostituire il cofattore metallico fisiologico, ad esempio il ferro, nel sito attivo di enzimi. In questo modo, inibisce alcune demetilasi che agiscono sulla metilazione degli istoni. Si è visto che, con lo stesso meccanismo, il nichel inibisce delle asparaginile prolilidrossilasi che agiscono sulla subunità regolatoria del fattore induttore dell’ipossia, cioè cioè della carenza di ossigeno (HIF-1α).

La mancata idrossilazione di HIF-1α ne impedisce il riconoscimento da parte del proteasoma e la conseguente degradazione. HIF-1α, così stabilizzato, attiva quindi la trascrizione di alcuni geni specifici per l’ipossia, e questo cambio dell’espressione genica induce una risposta ipossica simile a quella che avviene nelle cellule tumorali. Complice del nichel sembra essere la proteina NDRG1 sulla quale si è soffermata la ricerca da lei coordinata. Quale ruolo svolge?

Quando, a causa del nichel, le cellule attivano la loro risposta ipossica, l’espressione di NDRG1 aumenta. Nel cancro al polmone, questo fenomeno è di solito associato al peggioramento della prognosi e a un aumento della resistenza alla chemioterapia. Fisiologicamente, NDRG1 Intervista di Ester Trevisan GdB | Nov/dic 2022 ” 21 è considerata un regolatore centrale della biochimica cellulare, essendo coinvolta nella gestione di molteplici sistemi metabolici, tra cui l’embriogenesi, il differenziamento e la crescita cellulare, la sintesi dei lipidi, lo spostamento di vescicole, la progressione tumorale. Come questo avvenga a livello molecolare, come la proteina agisca e interagisca all’interno dell’ambiente cellulare, è però tuttora poco chiaro. Inoltre, NDRG1 è capace di legare nichel, ma non conosciamo come il nichel influenzi la sua attività fisiologica o patologica.

In quali passaggi si è articolata la ricerca?

NDRG1 contiene una sequenza C-terminale peculiare, definita ‘intrinsecamente disordinata’. L’ipotesi iniziale su cui si è articolata la ricerca è che questa porzione della proteina sia centrale per il suo funzionamento e per il modo in cui si lega al nichel. Le regioni intrinsecamente disordinate (IDR) sono sequenze di proteine dalla struttura flessibile, che funzionano in assenza di una forma tridimensionale definita. Queste regioni sono spesso direttamente responsabili dell’interazione con co-fattori o con altre proteine o acidi nucleici, e ciò le mette al centro di importanti meccanismi di regolazione. Abbiamo pensato che, se questa IDR è centrale per la funzione della proteina, è importante caratterizzarla a livello molecolare e definire le sue interazioni. Perciò abbiamo espresso la sequenza C-terminale di NDRG1 in Escherichia coli per via ricombinante e l’abbiamo isolata. Abbiamo poi verificato la sua natura intrinsecamente disordinata utilizzando tecniche spettroscopi-che come il dicroismo circolare e risonanza magnetica nucleare (NMR). Successivamente, ci siamo chiesti se questa regione fosse davvero in grado di legare il nichel. Abbiamo quindi studiato il legame con il metallo attraverso calorimetria e abbiamo mappato i residui amminoacidi coinvolti nell’interazione con il metallo tramite NMR. Infine, con esperimenti di biologia cellulare, abbiamo verificato come alcuni dati strutturali ottenuti sulla proteina isolata si mantengono sulla stessa proteina espressa fisiologicamente nelle cellule polmonari.

Quali sono i possibili scenari terapeutici che si profilano grazie a questo studio?

Considerando che il cancro al polmone è la prima causa di morte oncologica al mondo e che i fattori di rischio più rilevanti sono l’esposizione al fumo di sigaretta e a inquinanti ambientali, entrambi contenenti nichel, comprendere come questo metallo sviluppi il suo potenziale carcinogenico è di fondamentale importanza nella ricerca di nuovi approcci terapeutici di cura o prevenzione. Lo scopo finale della ricerca è quindi individuare modula-tori che interagiscano con la regione disordinata di NDRG1, coinvolta nel cancro al polmone causato da nichel, e ne influenzino l’attività oncogenica. Queste molecole potran-no poi essere proposte come terapie innovative per pazienti con carcinoma polmonare o individui esposti ad elevati concentrazioni di polveri sottili e nichel.

Da chi è composta l’équipe di ricerca?

Gran parte della nostra ricerca è altamente interdisciplinare, conta cioè sulla combinazione di competenze diverse e complementari che collaborano per caratterizzare i sistemi biologici che studiamo. Oltre alla sottoscritta, il progetto ha coinvolto la dottoranda Ylenia Beniamino e il professore Stefano Ciurli, il quale ha coordinato la ricerca insieme a me, del Laboratorio di Chimica Bioinorganica del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna. Hanno partecipato anche il professore Mario Piccioli, dell’Università di Firenze, e la dottoressa Vittoria Cenni, del CNR di Bologna.

Su quali finanziamenti avete potuto contare?

La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Carisbo e ha beneficiato dell’accesso alla strumentazione NMR presso il Centro risonanze magnetiche dell’Università di Firenze grazie a INSTRUCT, una piattaforma europea di infrastrutture per la ricerca.

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